La leggenda del monastero di Sitria e dei capesciotti
L’abbazia di Santa Maria di Sitria, nei pressi di Isola Fossara, rappresenta una delle più antiche abazie della zona. Costruito da nel 1014 D.C. inizialmente con poche celle realizzate in legno e pietra, fu poi ampliato neo 1018 da San Romualdo stesso che vi fondò il monastero.
Di piccole dimensioni, l’abbazia è basata su una pianta a croce latina e una cripta sotterranea suggestiva.
L’area più angusta è proprio la cella in cui fu rinchiuso San Romualdo, imprigionato dai suoi stessi monaci per circa 6 mesi per alcuni diverbi sulla condotta del monastero.
Si narra che in uno dei pasti passati dai monaci nella cella, furono fritti dei capesciotti (Cottus Gobio), piccoli pesci che popolano le acque dei fiumi della zona del parco del Monte Cucco, molto simili ai Ghiozzi ma con il dorso grigio marrone spesso sfumato del colore rosso del ferro arrugginito.
Il frate non mangiò i pesci ma li rigettò dalla finestra della sua cella nel fiume, dicendo loro “tornate in acqua e moltiplicatevi”. Si dice che il colore tendente al rosso dei pesci di oggi sia dovuto al calore della frittura dei pesci rigettati in acqua.
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